Dalle condutture alle petroliere, le fuoriuscite di petrolio e il loro impatto sull’ambiente sono disastri che avvengono regolarmente e impongono interventi di decontaminazione che richiedono ingenti investimenti di tempo e risorse.

Ma per quanto grande possa essere il danno, la soluzione potrebbe essere microscopica – il batterio Alcanivorax borkumensis si nutre di idrocarburi ed il Professor Satinder Kaur Brar e il suo team all’INRS hanno condotto test di laboratorio che dimostrano l’efficacia degli enzimi prodotti dal batterio sui prodotti petroliferi sversati nel suolo e nell’acqua. I loro risultati danno la speranza per un metodo semplice, efficace ed ecologico di decontaminazione dell’acqua e del suolo nei siti petroliferi.

Negli ultimi anni, i ricercatori hanno sequenziato i genomi di migliaia di batteri da varie fonti con lo scopo di trovare il candidato perfetto per uno “sporco lavoro”: ripulire le fuoriuscite di petrolio. Alcanivorax borkumensis, il batterio marino non patogeno ha richiamato la loro attenzione. Il genoma del microrganismo contiene i codici di un certo numero di enzimi interessanti ed è classificato come idrocarbonoclastico cioè, come un batterio che utilizza gli idrocarburi come fonte di energia. L’alcanivorax borkumensis è presente in tutti gli oceani e si moltiplica rapidamente nelle aree in cui la concentrazione di composti oleosi è elevata.

L’ alcanivorax borkumensis ha sviluppato una serie impressionante di strumenti: durante la sua evoluzione, accumulando una serie di enzimi molto specifici che degradano quasi tutto quello che si trova nell’olio. Tra questi enzimi, le idrossilasi si differenziano da quelle che si trovano in altre specie: sono molto più efficaci, oltre ad essere più versatili e resistenti alle condizioni chimiche, come si è osservato durante i test di ricerca.

Per testare il detergente microscopico, il team di ricerca ha purificato alcuni degli enzimi e li ha usati per trattare campioni di terreno contaminato. La degradazione degli idrocarburi con l’estratto di enzimi grezzi è davvero incoraggiante e ha raggiunto oltre l’80% per vari composti. Il processo è efficace nella rimozione di benzene, toluene e xilene ed è stato testato in una serie di condizioni diverse per dimostrare che si tratta di un potente mezzo per ripulire la terra e gli ambienti marini contaminati.

I prossimi passi per il team del Proferror Brar sono scoprire meglio come questi batteri metabolizzano gli idrocarburi ed esplorare il loro potenziale per i siti di decontaminazione. Uno dei vantaggi dell’approccio sviluppato presso l’INRS è la sua applicazione in ambienti difficili da raggiungere, che rappresentano una sfida importante durante gli sforzi di bonifica di sversamenti di petrolio.